Cellule staminali embrionali: pro o contro la vita?

Le cellule staminali embrionali sono una scoperta della scienza medica moderna. Grazie al loro potenziale questo tipo di cellule potrebbe rappresentare una cura per tantissime malattie neurodegenerative. Eppure, l’Europa si vede ancora divisa sull’argomento, a causa di un’annosa questione etica.

«Le cellule staminali sono la grande promessa dell’umanità: guarire mali oggi incurabili. La crescita della ricerca in questo campo sta avanzando a passi da gigante». Queste le parole di Malin Parmar, scienziata svedese a cui si deve la vittoria contro il morbo di Parkinson. Quella a cui si riferisce, però, rischia di restare una promessa non mantenuta. Proviamo a capire perché.

Cosa sono innanzitutto le cellule staminali? Queste cellule sono definite “non differenziate” e quindi capaci, se trattate adeguatamente in laboratorio, di trasformarsi in una qualsiasi altra cellula del corpo umano. Le funzionalità delle cellule staminali embrionali sono molteplici, infatti, possono essere usate per lo studio delle malattie genetiche e per svariate sperimentazioni cliniche.

In che modo? La loro applicazione in ambito clinico può essere spiegata in maniera molto semplice: basta sostituire una cellula difettosa all’interno del corpo di una qualsiasi persona con una cellula staminale embrionale, la quale è stata precedentemente fatta differenziare nel tipo di cellula da sostituire. Questo fa pensare che le cellule staminali embrionali siano in grado di curare qualsiasi malattia legata a cellule difettose.

Ma perché allora se ne sente parlare molto poco in Italia? L’Europa è divisa in due fronti da una questione etica che vede battersi da un lato la ricerca scientifica per il dovere di prevenire o alleviare la sofferenza, mentre dall’altro lato quelli a favore del dovere di rispettare il valore della vita umana. Da come si evince anche dal nome, infatti, le cellule staminali embrionali si ricavano dalla blastocisti, uno stadio ben preciso di un embrione, che ne causa però il deperimento. L’Italia si schiera a favore della difesa della vita e nel 2004 è stata emanata una legge sulla fecondazione assistita che ha posto numerosi limiti alla libertà di ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali. In particolare, la legge 40 sulla fecondazione assistita sancisce un divieto assoluto all’utilizzo per fini di ricerca scientifica degli embrioni non usati nelle tecniche di fecondazione assistita, preferendo dunque la loro estinzione alla loro utilità in ambito medico-scientifico.

Le ricerche consentite in Italia vengono effettuate su embrioni importati da altri Paesi, il cui costo è parecchio dispendioso e la cui velocità potrebbe essere certamente massimizzata. Con i loro interventi, i governi che si sono succeduti in questi anni hanno dimostrato di preferire la morte naturale di embrioni non destinati all’impianto piuttosto che il loro deperimento in laboratorio finalizzato alla ricerca di cure per malattie neurodegenerative.

Una tesi portata avanti dall’Italia a favore del suo schieramento etico riguarda la necessità di donazione di ovuli, una pratica considerata troppo invasiva nei confronti delle donne. Non è però altrettanto vero che la donazione, in qualsiasi ambito, è una scelta volontaria maturata dai propri interessi e governata dal proprio volere?

 

A cura di Sebastiano Alfano