Verso il 21 marzo: vi raccontiamo di… Don Peppe Diana

“Per amore del mio popolo, non tacerò”: a pochi giorni dalla marcia organizzata da Libera contro le mafie, abbiamo deciso di ricordare la storia di Don Peppe Diana, il martire sacerdote che, con il suo impegno civile contro la camorra casertana, ha scosso le coscienze dell’Italia intera. 

Avrebbe festeggiato oggi il proprio onomastico. Invece, proprio il 19 marzo del 1994, gli tolsero la vita. Cinque proiettili lo lasciarono a terra nella sagrestia della sua chiesa, a Casal di Principe, mentre si preparava per celebrare la messa. A sparare, la mano di Giuseppe Quadrano – divenuto collaboratore di giustizia – condannato nel 2004 a seguito di un lungo processo che vide finire dietro le sbarre i complici Mario Santoro e Francesco Piacenti e il mandante Nunzio De Falco.  I moventi restano ancora oscuri ma, secondo la Cassazione, la morte di Don Diana avrebbe dovuto rappresentare “un’affermazione di potere del clan di De Falco nel territorio degli Schiavone”. 

 La macchina del fango 

Già all’indomani dell’agguato, i media locali tentarono di gettar fango sulla figura del sacerdote, accusandolo di essere pedofilo, frequentatore di prostitute e persino camorrista. Deplorevoli furono le pagine del quotidiano “Corriere di Caserta” che arrivò a titolare “Don Diana era un camorrista” e “Don Diana a letto con due donne”.  I tentativi di profanare la memoria di Don Peppe non furono sufficienti a spegnere la miccia della rivalsa che si stava accendendo nei cittadini casalesi e, più in generale, in quelli campani. L’omicidio sollevò clamore in tutta Italia e Papa Giovanni Paolo II, nell’Angelus del 20 marzo 1994, gli dedicò un messaggio di cordoglio. 

 L’impegno civile 

Il suo impegno civile e religioso ha lasciato un segno indelebile nella società campana. Don Diana si batteva quotidianamente e in prima persona a sostegno dei cittadini vessati dal pizzo imposto dalla camorra, legata principalmente al boss Francesco Schiavone, “Sandokan”. Si schierò in prima linea contro il racket e lo sfruttamento degli extracomunitari e non temeva di denunciare apertamente: nel Natale del 1991, distribuì ai cittadini un documento intitolato “Per amore del mio popolo non tacerò” nel quale indicava nella camorra un preciso ostacolo allo sviluppo della società e nell’assenza dello Stato e della politica le cause di una tale malversazione. 

 Il suo impegno si rivolgeva, in particolar modo, ai giovani con cui, sia come sacerdote, sia come scout, aveva il piacere di relazionarsi. Non a caso, domenica 17 marzo 2019si è tenuta, a Casal di Principe, un’imponente manifestazione organizzata dall’AGESCI (Associazione Guide e Scout cattolici italiani) cui ha partecipato anche il gruppo scout abatese. 

 Non una conclusione ma un inizio”. Don Peppe Diana ha insegnato il coraggio attraverso l’esempio. Ha dimostrato, con parole e gesti, che un modello di società alternativo è possibile. La sua morte, a distanza di 25 anni, non rappresenta una conclusione ma un inizio: ci lascia in eredità la consapevolezza che solo mediante l’impegno attivo dei cittadini la mafia può essere annientata. Dio ci chiama ad essere profeti e il profeta vede l’ingiustizia e la denuncia, ricorda il passato per cogliere il presente e indica, come prioritaria, la via della giustizia”. 

 

Pietro D'Ambrosio

Classe 1995 e svariati sogni nel cassetto. Diritto, politica e astronomia sono le mie passioni: razionale al punto giusto, nel tempo libero mi lascio affascinare dall’infinito. Passerei intere giornate a leggere classici perché in uno vi ho letto che “la bellezza salverà il mondo”. E ci credo follemente.