LA MASCHERA SENZA MASCHERE: l’amore sacro per la musica

Martedì 21 novembre siamo stati alla presentazione di “ParcoSofia”, il nuovo disco de La Maschera, all’Universita degli Studi di Salerno.
Siamo riusciti ad incontrare Roberto Colella, la voce di questo progetto; grazie alla sua disponibilità e all’allegria contagiosa è riuscito a raccontarci “n’ata storia”, così come ci aspettavamo.

Vi avevamo già parlato di “ParcoSofia” (http://bit.ly/2mVAjpd), ma questa volta è stato diverso.
Questa volta la “musica” ci è stata servita senza intermezzi: solo parole e sensazioni, quelle che si provano quando fai un lavoro completo e gli occhi s’illuminano mentre ci si racconta senza filtri e senza… maschere!

D – Negli anni abbiamo visto l’evidente crescita artistica de La Maschera. Roberto, come pensi sia cambiato il tuo approccio alla musica rispetto agli inizi?
R – Adesso dedico alla musica un tempo spropositato, ci lavoro continuamente. È un amore sacro e non dedicarmi a lei mi sembrerebbe una mancanza di rispetto. Il rapporto è diventato sempre più passionale.
L’ambizione, ora, è quella di imparare a suonare altri e più strumenti, forse per la “malattia” che ho verso questi.

D – “ParcoSofia” è un concentrato di storie, emozioni, dove combaciano perfettamente posti e persone. Come definisci questo tipo di album? E come sei riuscito a racchiudere così tante sfumature in un unico lavoro?
R – Definirei quest’album una fotografia di due anni e mezzo. E la copertina, credo che raccolga tutte le sfumature di questo lavoro: il mondo visto dagli occhi di un bambino che naviga al Centro Storico di Napoli su una piroga senegalese.

D -Sentivi di dover fare per forza un album o è stata l’esigenza di creare che ti ha portato a scrivere questo disco?
R – In generale, io scrivo poco. Scrivo quando ne ho la necessità, quando “sto murenn”. A volte mi capita di appuntare delle cose e poi sviluppare un’idea da quelle. E questa volta le canzoni erano tutte lì, andavano solo portate al pubblico!

D – Hai centrato l’obiettivo che ti eri prefissato?
R – In realtà, non mi ero prefissato un obiettivo. Quando fai un disco, o almeno parlo per me, non cerco la questione commerciale, avverto semplicemente la necessità di essere soddisfatto del mio lavoro. Il rischio potrebbe essere quello di “vergognarsi” riascoltando qualcosa di precedente. Io voglio sentirmi sempre rappresentato dalle canzoni e percepire il me di quell’epoca. Quando ascolto “O vicolo e l’alleria” (primo e precedente album della band, ndr) mi capita questo, e spero che con “ParcoSofia” possa accadere lo stesso.

È chiaro il concetto di arte che Roberto ha fatto suo ed ha voluto trasmetterci con questa piacevole chiacchierata: la musica che diventa fonte di vita e una band che conferma, ancora una volta, le aspettative del pubblico, non solo dal punto di vista musicale, ma anche da quello umano!

Noi, non possiamo far altro che consigliarvi l’ascolto della loro musica e la partecipazione ai concerti, perché è nei live che trovano la loro vera dimensione.

Per restare sempre aggiornati sulle ultime novità de La Maschera ecco il loro sito ufficiale, inaugurato proprio ieri: http://www.lamascheraofficial.it/
Qui invece la pagina facebook: https://www.facebook.com/lamascheraofficial/

Mariasofia Mucci

"In direzione ostinata e contraria" come Fabrizio De André.  Ascolto troppi dischi, vado a molti concerti e riverso le mie sensazioni su fogli Word scritti in Helvetica. La mia musica è sempre lì: tra i miei abissi e le mie montagne, pronta ad accogliermi come un vinile di Chet Baker. Faccio liste che lascio sparse in giro per casa, perché mi aiutano a mettere in ordine i pensieri, le idee e i film che devo assolutamente vedere prima di morire. Mi piacciono: la politica che mi fa sentire viva, le storie dei matti e le storie folli, i luoghi abbandonati, Kurt Cobain, la violenza sul grande schermo, i tatuaggi, i nei, il mare d’inverno, l’Islanda e l’Africa, il numero 7 che mi ricorda che ci si può dedicare una vita intera alle passioni, Peaky Blinders e Vikings, la mia Albania, perdermi tra le Chiese e i vicoli di Napoli, l’orgoglio che ci metto nel dire che sono del Sud, il giradischi che ho comprato lavorando per qualche mese ad Amnesty International e la mia (ancora piccola) collezione di vinili.

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