Francesco De Gregori: chi è l’eterno principe schivo

Venerdì scorso, 6 aprile, si è tenuto il terzo appuntamento di “Se io avessi previsto tutto questo”, rassegna musicale organizzata dall’associazione Il trillo parlante, alla quale collaboriamo. Per chi si è perso la serata dedicata a Francesco De Gregori, proviamo a rimediare: se non con le tante canzoni che abbiamo ascoltato spesso vedenndole sotto una nuova luce, perché non è nel nostro campo, tentiamo di farvi conoscere l’artista italiano con qualche pillola e curiosità sul suo vissuto e sulla sua personalità.

Francesco De Gregori è un cantautore atipico. Atipico, perché etichettarlo come tale, sarebbe ridurre in qualche modo la sua arte. È lui stesso a non accettare l’appellativo di “cantautore” e si definisce semplicemente un “artista”, libero da vincoli precisi.
Qualcuno, addirittura, gli ha dato del “filosofo dei nostri tempi”, ma De Gregori ha così risposto: “I filosofi ricercano la verità, io sto nel mezzo e la racconto”.

IL PRINCIPE
La sua scrittura è precisa, ricca di metafore, sintassi complessa e lessico ricercato, per questo non è sempre facile da interpretare; ma non è l’unica caratteristica dell'”arte” di De Gregori.  Se, infatti, delle sue canzoni ascoltaste solo la musica, senza la voce, le riconoscereste comunque: il suo vero marchio sta lì, nelle note e nella sua chitarra. Non è un caso che Lucio Dalla, fedele amico di una vita, lo abbia soprannominato “il principe”: il principe della canzone italiana e della chitarra. E non è un caso nemmeno che De Gregori sia l’artista italiano con più riconoscimenti da parte del “Club Tenco”: sei targhe e un premio alla scrittura.

IL GRANDE SCHIVO Immagine correlata
Se ben volessimo riassumere la personalità di De Gregori, forse basterebbe questo passo di una sua canzone:

Guarda che non sono io quello che mi somiglia
L’angelo a piedi nudi, o il diavolo in bottiglia
Il vagabondo sul vagone
La pace fra gli ulivi, e la rivoluzione

La canzone in questione è “Guarda che non sono io”, nella quale l’artista racconta di sé e del rapporto con i fan. I giornalisti  lo hanno soprannominato “il grande schivo”, uno che in mezzo alla gente ci sta stretto, che non ama fare foto; ma non perché sia antipatico, semplicemente perché difficilmente coglie tutto ciò che è al di fuori dell’arte.
Negli ultimi anni, però, De Gregori si è lasciato andare, apparendo anche in tv e non sottraendosi ad interviste che, probabilmente, fino a qualche anno fa sarebbero state evitate.

L’ETERNO
Nonostante appaia di più anche fuori dal palcoscenico, De Gregori resta avvolto da un’aurea di mistero e di professionalità che lo contraddistingue dall’inizio della sua carriera. È una figura potente, delineata e ben precisa. Un artista che quando sale sul palco sprigiona la sua vera essenza, abbracciando la chitarra, senza vergogna. Si spoglia di tutti i cliché e le etichette, e lo fa con una tranquillità e una razionalità unica. Perché De Gregori è cosi: quando lo vedi e lo ascolti, capisci per forza di cose che la musica è eterna, e lui è uno di quegli artisti che hanno contribuito a renderla tale.

Mariasofia Mucci

"In direzione ostinata e contraria" come Fabrizio De André.  Ascolto troppi dischi, vado a molti concerti e riverso le mie sensazioni su fogli Word scritti in Helvetica. La mia musica è sempre lì: tra i miei abissi e le mie montagne, pronta ad accogliermi come un vinile di Chet Baker. Faccio liste che lascio sparse in giro per casa, perché mi aiutano a mettere in ordine i pensieri, le idee e i film che devo assolutamente vedere prima di morire. Mi piacciono: la politica che mi fa sentire viva, le storie dei matti e le storie folli, i luoghi abbandonati, Kurt Cobain, la violenza sul grande schermo, i tatuaggi, i nei, il mare d’inverno, l’Islanda e l’Africa, il numero 7 che mi ricorda che ci si può dedicare una vita intera alle passioni, Peaky Blinders e Vikings, la mia Albania, perdermi tra le Chiese e i vicoli di Napoli, l’orgoglio che ci metto nel dire che sono del Sud, il giradischi che ho comprato lavorando per qualche mese ad Amnesty International e la mia (ancora piccola) collezione di vinili.