Francesco Guccini: l’importanza delle “Radici” culturali

Sabato 19 maggio vi abbiamo accolto nella nostra sede per permettervi di prendere parte al quarto appuntamento di “Se io avessi previsto tutto questo”, la rassegna musicale ideata dall’Associazione abatese “Il trillo parlante a cui anche noi collaboriamo. Abbiamo potuto ascoltare, analizzare e rivivere la musica di Francesco GucciniSe ve lo siete persi, non temete. Ecco la nostra riflessione.

Francesco Guccini è un’istituzione del cantautorato italiano. Etichettato come un “cantautore impegnato”, parola che non ama fatto, è considerato prima ancora che un cantautore, un vero e proprio letterato.  
Ed effettivamente le sue canzoni e i suoi album sono paragonabili (e alcuni anche ispirati) alle grandi opere letterarie: Ulisse, Don Chisciotte, Odysseus, sono solo alcuni dei titoli che rimandano all’immenso patrimonio letterario di cui troviamo traccia nei suoi testi.  
 
La passione per la musica scoppia da giovane, quando Guccini scopre improvvisamente Bob Dylan.
Erano gli anni ’60 e si percepivano anche in Italia l’ondata hippie e le prime proteste giovanili.  Quella del cantautore modenese è stata sicuramente una rivoluzione culturale, una rivoluzione che in quegli anni non veniva visto di buon occhio, perché proprio mentre tutti volevano distruggere tutto, Guccini fa quello che gli pare (e qui sta la rivoluzione). 
Nel 1972 nasce “Radici”, l’album capolavoro. “Radici” è uno di quegli album intramontabili, contenente alcune tra le sue più belle e famose canzoni, La locomotiva su tutte.
La title track è una dedica a Pavana, il paese dei nonni e della sua infanzia, il posto dove attualmente Guccini vive e in cui si è ritirato a vita tranquilla, lontano dal caos della città.
Nel disco racconta, attraverso soprattutto i testi, l’importanza e la riscoperta delle radici, fa denuncia su temi importanti e lo fa alla sua maniera Una maniera che oggi, agli occhi di molti risulta “noiosa”, perché troppo abituati alla musica usa e getta, quella dei ritornelli ripetuti all’infinito per intenderci 

 Quella di Guccini invece è una musica diversaha desuoni “vecchi” che agli orecchi meno attenti potrebbero risultare quasi fastidiosi, ma è maledettamente attuale per il carico di contenuti di cui è colma. È una musica parlata, raccontata sviscerata fino all’ultima nota che merita ancora oggi tanta attenzione.   
L’ascolto di Guccini dovrebbe essere assegnato a scuola o essere inserito in Costituzione, potrebbe essere un buon modo per insegnare educazione civica ad un Paese che – mai come in questo momento storico – ne ha bisogno! 
Esistono i gusti musicali e poi esiste la cultura musicale. E Guccini è cultura musicale. Lo si può forse mettere in dubbio? 
 
Dedicate del tempo alla musica e alla cultura. Un giorno vi sarà ripagato.

 

Mariasofia Mucci

"In direzione ostinata e contraria" come Fabrizio De André.  Ascolto troppi dischi, vado a molti concerti e riverso le mie sensazioni su fogli Word scritti in Helvetica. La mia musica è sempre lì: tra i miei abissi e le mie montagne, pronta ad accogliermi come un vinile di Chet Baker. Faccio liste che lascio sparse in giro per casa, perché mi aiutano a mettere in ordine i pensieri, le idee e i film che devo assolutamente vedere prima di morire. Mi piacciono: la politica che mi fa sentire viva, le storie dei matti e le storie folli, i luoghi abbandonati, Kurt Cobain, la violenza sul grande schermo, i tatuaggi, i nei, il mare d’inverno, l’Islanda e l’Africa, il numero 7 che mi ricorda che ci si può dedicare una vita intera alle passioni, Peaky Blinders e Vikings, la mia Albania, perdermi tra le Chiese e i vicoli di Napoli, l’orgoglio che ci metto nel dire che sono del Sud, il giradischi che ho comprato lavorando per qualche mese ad Amnesty International e la mia (ancora piccola) collezione di vinili.