I big data e la giustizia: l’algoritmo che prevede i crimini

I big data, nuova frontiera della scienza, con applicazioni nei campi più disparati, incontrano anche il mondo della giustizia. Il risultato è la possibilità di sventare un crimine ancor prima che esso avvenga.  

Nel 1820 Andrè Michel Guerry, avvocato, statista, e Ministro della Giustizia francese, raccolse dati relativi a reati quali stupri, assassini e rapine e li raggruppò in base alle regioni in cui erano avvenuti. 

Prima di allora, analizzare grandi moli di dati era impensabile: mancava un criterio secondo cui selezionarli e compararli, mancavano gli strumenti per farlo, in altre parole i big data erano solo un sogno remoto. Inoltre, da un punto di vista filosofico, la concezione dell’uomo come essere libero e indipendente era in contrasto con l’ipotesi che il suo comportamento potesse essere prevedibile.

Le cose cominciarono a cambiare quando dall’analisi Guerry emersero dei risultati ben chiari: i giovani commettevano più crimini degli anziani, gli uomini più delle donne, i poveri più dei ricchi. Inoltre questo andamento non cambiava negli anni, quindi si poteva ipotizzare quanti reati sarebbero stati commessi in un anno, in una certa zona. 

 A distanza di due secoli, Kim Rossmo, criminologo canadese, ha deciso di riprendere gli studi del suo predecessore, unendo i risultati ottenuti due secoli prima, e cioè la constatazione che i crimini non sono casuali e le persone sono prevedibili, con le potenzialità dei giorni nostri, cioè computer con capacità di calcolo sempre più elevate. 

L’algoritmo che Rossmo ha creato e ottimizzato funziona in maniera elementare e si basa essenzialmente su due concetti chiave: il primo è il cosiddetto “decadimento a distanza”, secondo cui i criminali tendono ad agire in zone a loro familiari, quindi non lontane da dove abitano, motivo per cui sarebbe poco ragionevole andare a cercare il colpevole a centinaia di chilometri di distanza dall’accaduto; allo stesso tempo, però, i malviventi non andrebbero mai a rubare in casa del vicino, per paura di essere riconosciuti, o interpellati dalla polizia per una testimonianza, questo secondo concetto prende il nome di  “zona cuscinetto”. 

Sulla base di queste due componenti, si stringe un cerchio intorno alla zona in cui il malvivente potrebbe vivere. Quanto più è fitta la rete di dati fornita, tanto più il risultato sarà preciso e affidabile, raggiungendo livelli che due secoli fa sarebbero stati impensabili.

 L’algoritmo è già stato implementato da 350 agenzie di lotta al crimine nel mondo, ma la sua elevata flessibilità ne consente l’uso per previsioni che vanno oltre i crimini. Un’applicazione sorprendente consiste nel prevenire futuri casi di malaria in Egitto: in questo caso l’algoritmo localizza le paludi che si trovano più vicine ai luoghi in cui la malattia si è già manifestata in precedenza, perché è probabile che esse verranno usate dalle zanzare per riprodursi.  E ancora uno studente di dottorato a Londra sta tentando di localizzare le fabbriche di bombe, sulla base del luogo in cui sono accadute esplosioni improvvise in precedenza. 

Al solito, non è tutto roseo, nel senso che in molti contestano il fatto che, nel caso della prevenzione dei crimini, l’archivio dei dati potrebbe “polarizzare” l’algoritmo, discriminando una categoria piuttosto che un’altra, e che questo possa essere lo specchio dei preconcetti di noi esseri umani, che ci portano a distinguere chi è buono e chi no. Ecco perché condurre un’indagine affidandosi ciecamente all’algoritmo sarebbe poco saggio. 

Dobbiamo quindi rassegnarci all’idea che, per fortuna o purtroppo, anche le macchine sono imperfette. 

Melania D'Aniello

Come si fa a descrivere se stessi? Non lo so, ma so quello che gli altri dicono di me.

Qualcuno dice che io sia ostinata e rompiscatole. Tutti dicono che io sia coraggiosa, e uno dei motivi è perché studio Fisica. Sì, è vero, è stata la scelta più folle della mia vita ma, quando l'ho fatta, sapevo che mi sarebbe piaciuto studiare come riassumere l’Universo in leggi concise e ben ordinate.

Ciò che non sapevo è che avrei avuto l’opportunità di lavorare in contesti interazionali, stravolgendo totalmente il mio punto di vista su molte cose, e che interagire con persone di culture diverse mi avrebbe messo ogni volta di buon umore, specie se a tavola o davanti a una birra; non sapevo nemmeno che avrei imparato a vivere lontano da casa, sperimentando innumerevoli partenze e ritorni, ed i maledetti sentimenti contrastanti che ne derivano.

Oltre ciò che dice la gente, qualcosa ho imparato a capirla anch’io di me.

Mi piace osservare le persone per capire cosa c’è oltre la superficie. Non mi piacciono le persone banali, preferisco quelle che sembrano tali, ma poi nascondono dietro un mondo. Non mi piacciono gli anticonformisti a tutti i costi. Mi piace chi ascolta prima di parlare.

Mi piace l’ordine e l’armonia, ecco perché la danza è una mia grande passione: mi basta vedere un ballerino fare due pirouette o un grand jetè e sono felice.

Credo nel valore del cibo: tra cucinare e mangiare in compagnia non saprei scegliere cosa mi fa stare meglio. Mi diletto a preparare ricette sempre nuove, adoro alcuni piatti orientali, ma non rinuncerei mai ai sapori della mia terra.

Mi incuriosisce esplorare nuovi luoghi, ognuno con le sue tradizioni, ma fino ad ora niente è mai riuscito ad acquietarmi come il mare di Napoli col Vesuvio sullo sfondo. Per me dire Napoli è dire Massimo Troisi perché “Con lui ho capito tutta la bellezza di Napoli, la gente, il suo destino, e non m'ha mai parlato della pizza, e non m'ha mai suonato il mandolino”.

A proposito di casa e di ciò che mi piace, credo nel potere dell’aggregazione e dell’attivismo giovanile e, fortuna ha voluto che incontrassi persone con visioni a tratti uguali e a tratti opposte, ma che si combinano perfettamente, e trovano modo di esprimersi in quella che è Tutta n’ata storia. Personalmente, mi occupo della rubrica scientifica di questo sito, che mette sempre a dura prova la mia capacità di spiegare concetti complicati in parole semplici. Il titolo della sezione è “Dove andremo a finire?” e la risposta è in ogni articolo in cui si parla di futuro, sostenibilità ambientale, progresso scientifico e tanti altri fatti.