Europa, MES e Coronabond: breve guida per inesperti

MES o Coronabond? È questo il tema che ha acceso il dibattito politico interno nelle ultime settimane. Le prossime scelte comunitarie in campo economico potrebbero cambiare il volto dell’Unione Europea.

MES, Coronabond, Eurobond. Sono gli strumenti economici – in discussione prima all’Eurogruppo e poi al Consiglio Europeo –   finalizzati al contrasto delle conseguenze finanziarie determinate dalla diffusione del Covid-19. La scelta dell’uno o dell’altro sta dividendo i Paesi Membri dell’Unione Europea. In particolare, mentre alcuni Paesi dell’area mediterranea (Italia, Francia, Spagna e Portogallo, fortemente colpiti dal virus) chiedono l’istituzione di un nuovo strumento finanziario, i “Coronabond”, altri Paesi del Nord Europa (Germania, Austria, Paesi Bassi) propendono, invece, per l’adozione del MES (meccanismo europeo di stabilità). Vediamo insieme di cosa si tratta. Prima, però, è utile fare una premessa sul meccanismo di finanziamento degli Stati.

Per poter sostenere i costi di servizi, sanità, burocrazia, pensioni, ogni Stato spende, generalmente, più di quanto incassa attraverso le tasse. Ha, quindi, necessità di foraggiare gli esborsi chiedendo in prestito denaro agli investitori (banche, fondi, privati). In cambio emette Titoli di Stato (o bond) che garantiscono la restituzione in futuro della somma maggiorata degli interessi. L’ammontare degli interessi dipende da molti fattori, tra cui la solidità finanziaria del Paese, le garanzie prestate, il termine dell’obbligazione, la speranza di ottenere la restituzione del capitale: in sostanza, più l’economia dello Stato è forte, più basso sarà il tasso. Una delle cause che determina la crescita insostenibile del debito pubblico italiano, ad esempio, è proprio l’innalzamento continuo dei tassi d’interesse che l’Italia è costretta a promettere per ottenere liquidità.

Perché i “Coronabond”?

In uno scenario come quello attuale, i Paesi europei sono chiamati a fronteggiare le spese eccezionali determinate dalla diffusione del Covid-19. Anziché far ricorso al tradizionale meccanismo dei Titolo di Stato (ciascun Paese s’indebita per sé), molti Stati, tra cui l’Italia, avevano proposto di introdurre un istituto diverso, i cosiddetti “Coronabond”, mediante i quali assumere un debito comunitario garantito dall’Eurozona. Il vantaggio sarebbe evidente per quei Paesi economicamente più deboli: essi avrebbero la possibilità di condividere il debito, ottenere più denaro e pagare un interesse più basso rispetto a quello a cui, normalmente, si obbligano.

Netta, però, è stata l’opposizione di Stati come la Germania, il Belgio e l’Olanda, preoccupati dal fatto che l’introduzione di un simile sistema possa minacciare, in futuro, la stabilità delle loro solide economie. Un debito condiviso, infatti, richiederebbe oneri comuni che non tutti sono disposti ad assumere.

Perché il MES?

Ecco perché i Paesi economicamente più forti propendono per l’attivazione del MES, “il fondo salva Stati”, il collaudato meccanismo che permette di finanziare gli Stati Europei in cambio di riforme strutturali e fiscali (come accadde per la Grecia). Quello attualmente in esame presso le Istituzioni europee – e che sta scatenando accesi scontri politici – avrebbe una linea di credito dedicata esclusivamente alle spese determinate dall’emergenza sanitaria, senza condizioni per gli Stati che ne fanno richiesta. Questo sistema permetterebbe di ottenere in prestito una somma pari al 2% del PIL: per l’Italia, circa 35 miliardi. Critico nei confronti di questa soluzione si è dimostrato il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ne ha sostenuto l’inadeguatezza a fronte di una crisi senza precedenti.

Anche se a seguito della riunione dell’Eurogruppo – che riunisce i Ministri delle Finanze dei Paesi Membri – sembra, per ora, risultata impercorribile la strada dei “Coronabond”, il dibattito politico è destinato ad infuocare anche la seduta del prossimo Consiglio Europeo, in programma il 23 aprile. La posta in gioco, com’è facile intuire, ha una portata che trascende la risposta economica alle conseguenze della pandemia e riguarda l’intero processo di integrazione degli Stati Membri, la tenuta delle regole comunitarie in ambito finanziario e, forse, la struttura stessa dell’Unione Europea.

Pietro D'Ambrosio

Classe 1995 e svariati sogni nel cassetto. Diritto, politica e astronomia sono le mie passioni: razionale al punto giusto, nel tempo libero mi lascio affascinare dall’infinito. Passerei intere giornate a leggere classici perché in uno vi ho letto che “la bellezza salverà il mondo”. E ci credo follemente.