AI – Intelligenza Artificiale: i nuovi robot siamo noi

La fusione uomo-macchina è stata annunciata da tempo, ma sembrava qualcosa di molto lontano. Se proviamo a guardarci intorno, in realtà, scopriamo che la questione è diventata attuale, e non è affatto facile da gestire.

Non è certo la prima volta che vi parliamo di Intelligenza Artificiale (Artificial Intelligence, AI) e probabilmente non sarà neanche l’ultima, visto che la nuova frontiera della tecnologia, cioè la simbiosi tra uomo e computer, è qualcosa di sempre meno futuristico e più vicino a noi.

La storia ci insegna che la tecnologia quando avanza scoperte sensazionali, come l’AI, può essere un’arma a doppio taglio. Basti pensare agli inizi del ‘900, quando scienziati dal calibro di Enrico Fermi ed Albert Einstein gettavano le basi della fisica moderna, inconsapevoli del fatto che quelle stesse teorie sarebbero state poi utilizzate per interessi diversi da quelli scientifici, come la bomba atomica.

La tecnologia è di tutti, e tutti possono scegliere quale uso farne. In particolare, se i ricercatori vedono nell’AI un modo per restituire un braccio o una gamba a chi li ha persi, un imprenditore ci vede un nuovo modo per fare marketing.

Il 2 aprile scorso, su Rai3, Report ha dedicato un intero servizio all’argomento, mostrandone le due facce della medaglia. Qui approfondiremo solo alcuni esempi, per dare un quadro chiaro della situazione attuale nel mondo.

A Stoccolma, in Svezia, si sta diffondendo Biohax, un chip che si inserisce sotto pelle (ad esempio sulla mano), e che sostituisce a tutti gli effetti le carte di credito o le password personali. Strisciando il chip, o meglio la parte del corpo in cui esso è inserito, è possibile accedere ai computer, pagare al bar, o entrare nei luoghi ad accesso riservato. I cittadini hanno addirittura chiesto di sostituirlo al biglietto del treno; ad oggi, infatti, oltre 2000 passeggeri hanno detto addio allo scomodo biglietto cartaceo; peccato che se un giorno qualcuno di loro dovesse pentirsi, saranno guai: mentre per impiantarlo bastano pochi minuti, ed ha la stessa invasività di una puntura, chi volesse rimuoverlo deve sottoporsi a un vero e proprio intervento chirurgico.

Se già ora vi si storce il naso, allora meglio che non sappiate cos’è la Brain-Computer Interface, tradotta anche come Interfaccia neurale: un tipo di tecnologia che connette il cervello ad apparecchi elettronici. Anche qui le applicazioni possono essere di duplice utilizzo: nel campo della ricerca sono stati sviluppati ad esempio degli occhiali che consentono ai non vedenti di recuperare parte della vista; gli occhiali comprendono una telecamera-occhio connessa alla retina, che invia le informazioni a degli elettrodi nel cervello, tramite un impulso elettrico.

La Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa è all’avanguardia nel settore della robotica, e quindi nella produzione di mani, braccia e gambe robot. Essi si basano su dei sensori simili a quelli del cellulare, che capiscono com’è inclinato; analogamente, gli arti-robot capiscono come devono muoversi a seconda del movimento da compiere. Ma se qui vicino a noi c’è chi implementa queste tecnologie per migliorare la qualità della vita di certe persone, c’è chi si diverte con l’AI. Già nei primi anni 2000, Kevin Warwick, professore di cibernetica, si è fatto installare nel braccio un apparecchio elettronico connesso al cervello, e collegato tramite wireless al mondo esterno. È così che nel 2005, da New York è riuscito a muovere con la forza del pensiero una mano robotica che si trovava a Londra. Nel momento in cui la mano ha afferrato un oggetto, il suo cervello, dall’altro capo del mondo, lo ha percepito.

Al di là di chi si diverte a giocare con queste cose, controllare il pensiero umano è qualcosa che fa gola al mercato, e infatti c’è chi si è già messo all’opera; in particolare, nel settore automobilistico, Nissan ha già presentato il primo modello di automobile che si guida col pensiero, ricevendo comandi direttamente dal cervello, senza l’uso di mani e piedi. Prima di schiacciare il piede sul freno, è necessario che il cervello del guidatore elabori un segnale di pericolo che lo induca a rallentare; l’auto del futuro, invece, essendo direttamente connessa al cervello, non necessiterà più di questo passaggio e il processo sarà più veloce.

E se domani qualcuno dovesse svegliarsi con la voglia di diventare un cyborg, nessun problema: su www.cyborgnest.net è possibile acquistare il proprio kit per installare il “senso del nord” nel proprio corpo. Il dispositivo, applicato sul petto, consente di sentire il campo elettromagnetico della Terra, e quando ci si sposta verso nord, si percepisce una vibrazione nel proprio corpo, come una sorta di bussola interna. La guida online spiega dettagliatamente come si implementa, invitando alla massima cautela. Una volta acquistato, il chip va configurato e collegato all’app del proprio smartphone; dopodichè occorre rivolgersi ad una persona qualificata, esperta nell’applicazione di piercing, che possa “montarlo” sulla persona.

Quanto dobbiamo preoccuparci noi esseri umani “normali”? I governi sono in grado di tenere sotto controllo la situazione e regolamentarla? È vero che ci estingueremo, o prima o poi questo processo di trasformazione dell’uomo in macchina si arresterà? Per ora nessuna risposta. Solo domande aperte.

Melania D'Aniello

Come si fa a descrivere se stessi? Non lo so, ma so quello che gli altri dicono di me.

Qualcuno dice che io sia ostinata e rompiscatole. Tutti dicono che io sia coraggiosa, e uno dei motivi è perché studio Fisica. Sì, è vero, è stata la scelta più folle della mia vita ma, quando l'ho fatta, sapevo che mi sarebbe piaciuto studiare come riassumere l’Universo in leggi concise e ben ordinate.

Ciò che non sapevo è che avrei avuto l’opportunità di lavorare in contesti interazionali, stravolgendo totalmente il mio punto di vista su molte cose, e che interagire con persone di culture diverse mi avrebbe messo ogni volta di buon umore, specie se a tavola o davanti a una birra; non sapevo nemmeno che avrei imparato a vivere lontano da casa, sperimentando innumerevoli partenze e ritorni, ed i maledetti sentimenti contrastanti che ne derivano.

Oltre ciò che dice la gente, qualcosa ho imparato a capirla anch’io di me.

Mi piace osservare le persone per capire cosa c’è oltre la superficie. Non mi piacciono le persone banali, preferisco quelle che sembrano tali, ma poi nascondono dietro un mondo. Non mi piacciono gli anticonformisti a tutti i costi. Mi piace chi ascolta prima di parlare.

Mi piace l’ordine e l’armonia, ecco perché la danza è una mia grande passione: mi basta vedere un ballerino fare due pirouette o un grand jetè e sono felice.

Credo nel valore del cibo: tra cucinare e mangiare in compagnia non saprei scegliere cosa mi fa stare meglio. Mi diletto a preparare ricette sempre nuove, adoro alcuni piatti orientali, ma non rinuncerei mai ai sapori della mia terra.

Mi incuriosisce esplorare nuovi luoghi, ognuno con le sue tradizioni, ma fino ad ora niente è mai riuscito ad acquietarmi come il mare di Napoli col Vesuvio sullo sfondo. Per me dire Napoli è dire Massimo Troisi perché “Con lui ho capito tutta la bellezza di Napoli, la gente, il suo destino, e non m'ha mai parlato della pizza, e non m'ha mai suonato il mandolino”.

A proposito di casa e di ciò che mi piace, credo nel potere dell’aggregazione e dell’attivismo giovanile e, fortuna ha voluto che incontrassi persone con visioni a tratti uguali e a tratti opposte, ma che si combinano perfettamente, e trovano modo di esprimersi in quella che è Tutta n’ata storia. Personalmente, mi occupo della rubrica scientifica di questo sito, che mette sempre a dura prova la mia capacità di spiegare concetti complicati in parole semplici. Il titolo della sezione è “Dove andremo a finire?” e la risposta è in ogni articolo in cui si parla di futuro, sostenibilità ambientale, progresso scientifico e tanti altri fatti.