Il presidente Raffaele Sorrentino: “Vi racconto perché è nato il Club Napoli… e tanto altro!”

Un mese fa, in occasione del match Napoli-Juve, abbiamo dato il via all’iniziativa #NAPOLIJUVEÈTUTTANATASTORIA: un modo, tra l’altro, per conoscere meglio il Club Napoli e il Gruppo Tifosi Juventini di Sant’Antonio Abate. Una prima parte dell’intervista ai rappresentanti dei due schieramenti, dedicata per lo più alla partita e al mondo del calcio, è già stata pubblicata; oggi vi postiamo la seconda ed ultima parte.  

L’importanza di Napoli-Juve, riflessioni su temi più o meno extra-calcistici, ricordi del passato azzurro e analisi sulla squadra di Ancelotti… Questi ed altri gli argomenti che lo scorso mese hanno animato la chiacchierata con Raffaele Sorrentino, presidente del Club Napoli Sant’Antonio Abate (che potete leggere qui). Ma cosa ha portato alla nascita di un punto di tifo azzurro sul territorio? Cosa fa il Club? Cosa si nasconde dietro alla passione per il Napoli? Per rispondere a questa e ad altre domande, vi postiamo la seconda parte di una lunga intervista che ci ha fatto capire come e perché anche l’amore per una squadra di calcio può essere “tutta n’ata storia”.  

Il Club Napoli è ben conosciuto a Sant’Antonio Abate, ma forse non tutti sanno quando e perché è nato. Vuoi raccontarcelo?
In realtà, la storia del Club Napoli ha radici nel passato: prima dell’attuale, esisteva già. Quando ha chiuso, si è sentita, secondo me, la mancanza di un punto di aggregazione simile sul territorio. Anche per questo abbiamo deciso di fondare il Club, che è stato inaugurato ufficialmente l’11 dicembre 2011: una serata bellissima grazie, tra le altre cose, alla presenza di Salvatore Carmando, lo storico massaggiatore e simbolo del Napoli. 

Quali passaggi sono intercorsi tra il bisogno di riavere un Club Napoli a Sant’Antonio Abate e la sua fondazione?
Io ed altri tra quelli che poi sono stati i fondatori del Club Napoli – cito, a titolo puramente esemplificativo, Emilio D’Auria, Gennaro e Luigi D’Antuono, Peppe Sabatino (detto “Peppe Maradona”), Lino Spinelli, Umberto Piezzo, Eligio Sicignano e Giammarco Padovano – avevamo l’abitudine di vederci per un caffè o per un aperitivo e parlare del Napoli. Il gruppetto iniziale è cresciuto man mano e, per gioco, ci siamo chiesti: Perché non fondare un Club?. Abbiamo iniziato a tenere incontri regolari al Forum dei Giovani, e ci tengo a ringraziare i consiglieri di allora. Poi, la prima sede in via Roma 215, nei locali di uno dei nostri fondatori, e il trasferimento qui, in via Casa Attanasio 21. Sono ormai 8 anni di un Club che è come una famiglia da curare e sostenere  

La sede del Club

Cosa fa, di fatto, il Club sul territorio?
Innanzitutto, offre ai soci la possibilità di utilizzare i locali nei giorni d’apertura, di vedere in sede le partite, di godere di momenti di relax, nonché di acquistare i biglietti per le partite del Napoli e di prenotare il trasporto per lo stadio. A questi due ultimi servizi, in realtà, possono accedere pure i non-soci, ma a condizioni diverse rispetto ai tesserati. Poi, negli anni abbiamo organizzato diverse manifestazioni socio-culturali. Ricordo un’iniziativa che ha permesso di portare allo stadio San Paolo dieci ragazzi diversamente abili (con rispettivi accompagnatori), nonché le varie edizioni di “Passione Azzurra”, in cui abbiamo trattato teoricamente tematiche importanti accompagnate da gesti concreti, come l’acquisto di un defibrillatore donato all’associazione Fratres.  

 

Se dovessi spingere le persone a tesserarsi al Club Napoli, quali buoni motivi gli esporresti?
Il primo motivo è perché si tifa Napoli tutti insieme, senza distinzioni. Io stesso che sono il presidente del Club, non mi sento tale. È solo un ruolo burocratico, ma io sono Raffaele, un tifoso azzurro, come tutti gli altri.  Poi, tesserarsi significa anche sostenere praticamente questa realtà, quindi aiutare a coprire le spese che sono necessariamente collegate alla gestione di una sede e ai servizi che offriamo.  

A proposito di tifare Napoli senza distinzioni, ci sono socie all’interno del Club? 
Sì, e come! Ma penso potrebbero e vorrebbero essere di più. Purtroppo è ancora troppo diffuso il pensiero comune che associa il pallone ad un pubblico prettamente maschile; è un problema di mentalità. Peccato, perché conosco tante donne, al di là di quelle che frequentano il Club , che sono preparatissime in materia, nonché grandi tifose. Le dichiarazioni sessiste di qualche tempo fa di Collovati? Forse dimentica che il mondo del calcio vanta personaggi femminili di un certo rilievo, come Carolina Morace, che per me è il Maradona del calcio femminile, nonché una grande allenatrice. 

Sicuramente ognuno dei soci ha un motivo diverso per spiegare l’origine della storia d’amore col Napoli; ma, Raffaele, il tuo qual è?
L’amore per il calcio in generale e per il Napoli in particolare ha radici nella mia famiglia. Mio padre, che purtroppo non c’è più, è stato per tanti anni un arbitro e, spesso, di ritorno dalle partite mi portava un pallone. Così ho iniziato a giocarci, prima con mia sorella e poi per strada con gli amici, fino a quando un serio infortunio non mi ha costretto allo stopDa lì è cresciuto l’amore per questo sport e, poi, per il Napoli. Per me il Napoli è una passione viscerale: quando i calciatori sono in campo, è come se io fossi con loro.  

Visto che l’amore per il Napoli è nato, in qualche modo, grazie alla tua famiglia, immaginiamo che siate tutti tifosi azzurri…
Sì, siamo tutti napoletani, ma mia sorella ha sposato un interista. Quando eravamo più giovani, ci “scontravamo” di più, ma oggi la cosa è scemata. Anche perché il figlio, Giammarco, nonostante la famiglia paterna sia tutta a tinte nerazzurre, è un grande tifoso partenopeo; che soddisfazione!   

Quante partite del Napoli hai visto allo stadio, tra casa e trasferta? 
Ho l’abbonamento da circa dieci anni a cui vanno aggiunte trasferte e partite singole, fate due conti… E sapete quando è iniziata la mia esperienza allo stadio?  Era il 1978 e mi ritrovai alla gara del Napoli per puro caso. All’epoca ero solito, con i miei amici, vedere il Sant’Antonio e sentire il match degli azzurri per radio. Quella domenica chiesi al Club Napoli di allora, che era situato in Piazza, dove sarebbe passato il pullman per la trasferta degli abatesi; ma ci capimmo male e mi diedero le indicazioni per raggiungere lo stadio degli azzurri. E, così, mi ritrovai a vedere Napoli-Fiorentina, che finì 0-0.   

Da lì, una lunga storia d’amore sfociata nella (ri)fondazione del Club Napoli Sant’Antonio Abate. Un cerchio che si chiude e continua nella sua infinitezza alimentata dalla passione per una squadra di calcio.  Una passione, quella raccontata da Raffaele, che unisce tante persone, non solo sul territorio abatese. Il calcio dà il diritto di amare qualcosa che nemmeno si può toccare e a stento si può vedere; eppure, leggendo queste parole o assistendo a qualche particolare episodio, anche chi non è un grande tifoso riesce ad emozionarsi. Perché il calcio vissuto così è “tutta n’ata storia” 

Feliciana Mascolo

“Devi cambiare d’animo, non di cielo”: la frase che mi ripeto più spesso quando mi viene voglia di scappare; ma restare mi piace di più. Credo nelle radici anche quando meriterebbero di essere estirpate. Il mio primo amore è stato – ed è – il calcio. A 14 anni ho iniziato a seguire il Sant’Antonio Abate, prima da appassionata e poi da addetto stampa: Eccellenza, serie D, Eccellenza e continua a leggere